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Informatica italiana: seconda industria IT in Europa, poco valorizzata in Italia.


97000 imprese e 390mila addetti fanno dell’Information Technology italiana il secondo settore IT d’Europa. Il suo motore sono le medie imprese che competono a livello europeo, i poli di sviluppo Roma e Milano che lavorano su standard internazionali.
Criticità: 94% di piccole imprese, bassi margini operativi, - 5,1 miliardi a saldo della bilancia commerciale.
Ennio Lucarelli, Presidente di Assinform: “Dopo le misure di emergenza, è giunto il momento di sostenere i settori dell’innovazione tecnologica per rilanciare la crescita”

IL SETTORE DELL’INFORMATICA IN LOMBARDIA

- conta circa 97.000 imprese (2,4% delle aziende italiane) e 390.000 addetti (2,5% circa degli occupati in Italia), e ha espresso nel 2008 il 2,8% del PIL, con una produttività del 13% superiore alla media nazionale, e una remunerazione del capitale umano per unità di prodotto seconda solo a quella riscontrata nel settore della Ricerca e Sviluppo (26% contro 33%);

- sia cresciuto tra il 2006 e il 2008 in maniera costante per numero di imprese (+2,1% nel 2008; +2,2% del 2007). E come l’informatica nazionale sia seconda in Europa per numerosità di imprese (dietro al Regno Unito) e terzo per occupati (dietro a Regno Unito e Germania), con una forte concentrazione delle realtà produttive nel Nord-Ovest (oltre 36400 imprese)

- vede in Lombardia il suo cuore. In Lombardia sono il 25% delle aziende (25.295 al 2008) e oltre un quarto (27%) degli occupati del settore informatico.
La stessa indagine offre ulteriori interessanti elementi sul settore dell’informatica in Lombardia;

- il netto prevalere delle attività terziarie, con il 98% delle imprese attive nel software, nei servizi e nell’assistenza tecnica);

- la relativa stabilità del saldo tra imprese nuove e cessate tra il 2006 e il 2008 (con un lieve saldo positivo:+55)

- l’assestamento del numero degli occupati (-0,3% nel 2008), dopo il boom del 2007 (+2,0%).

- l’attrazione dell’area milanese. Un’impresa lombarda su due (49,9%) ha sede nell’area metropolitana di Milano. Il restante 50,1% è invece nelle altre province, con Brescia (9,4%) a guidare su Monza e Brianza (8,7%), Bergamo (7,7%), Varese (6,7%), Como (4,3%) e Pavia (3,9%). Non superano i 3 punti percentuali le province montane, con Lecco al 2,8%, Sondrio allo 0,8%, e quelle padane di Mantova (2,4%), Cremona (2,0%) e Lodi (1,4%).

- l’ancora maggiore concentrazione degli occupati nel milanese, (62,9%), davanti a Monza/Brianza (9,1%), Brescia (7,5%), Bergamo (5,4%), Varese (4,2%), Como (2,4%), Pavia (1,9%), Mantova (1,6%), Lecco (1,5%), Lodi (1,8%), Cremona (1,1%) e Sondrio (0,7%).

- il prevalere, pur in presenza di grandi aziende, della PMI. Il numero di addetti per impresa IT è pari a 4,2 ed è sostanzialmente in linea con la media nazionale. Imprese più grandi rispetto alla media regionale si trovano a Lodi (5,4 per impresa), Milano (5,3) e Monza/Brianza (4,4), e più piccole a Sondrio (3,5), Brescia (3,4), Bergamo (3), Varese (2,7), Mantova (2,7), Como (2,4), Lecco (2,3), Cremona (2,3) e Pavia (2,1).


“L’informatica italiana, forte di 97.000 imprese, di circa 390mila addetti e con un valore aggiunto che copre il 2,8% del totale prodotto dall’industria e servizi a livello nazionale, costituisce uno dei primi settori industriali del Paese e uno dei primi settori IT a livello europeo. Dal nostro studio risulta come l’IT sia la spina dorsale dell’innovazione tecnologica in Italia, per dimensione e valore aggiunto superiore a molti settori del Made in Italy, come l’auto, la chimica, l’industria del legno e dei mobili, degli elettrodomestici il tessile e la moda, l’editoria, il trasporto aereo. Si tratta di un grande potenziale di innovazione al servizio della modernizzazione del Paese e della crescita di competitività e sviluppo dell’industria italiana, dei suoi distretti e reti d’imprese, ma che risulta ancora poco utilizzato e valutato, non gode di altrettanta attenzione, non può contare su alcuna politica industriale specifica, né di misure incentivanti. Nel 2009 le nostre stime indicano che l’IT entrerà in recessione con un calo delle attività di -5,9%, dovuta alla contrazione dei budget aziendali. Ma attenzione, la riduzione degli investimenti in IT è una china scivolosa, che trascina verso il basso le possibilità di ripresa della nostra economia e fa arretrare le sue capacità competitive. Se per affrontare l’emergenza della crisi è stato necessario mettere in campo misure robuste per sostenere le imprese del Made in Italy, ora, per far imboccare all’economia italiana la via della crescita e aprire nuove opportunità di sviluppo, diventano indispensabili interventi altrettanto robusti a sostegno dell’innovazione tecnologica digitale. Ci aspettiamo, perciò, che il Governo, nelle prossime misure per il rilancio dell’economia, vari il Progetto Informatica nell’ambito di Industria 2015, passaggio fondamentale per sostenere l’IT, vero motore dell’innovazione nel Paese”. Esordisce così Ennio Lucarelli, Presidente di Assinform, l’Associazione Nazionale dell’Information Technology, nel presentare il “1° Rapporto sul settore IT in Italia” realizzato in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano.

Alessandro Spada, Presidente di Innovhub, azienda speciale della Camera di Commercio di Milano ha dichiarato: “Milano e la Lombardia si pongono da sempre come avanguardia a livello nazionale ed europeo, a partire proprio dall’innovazione. Sull’innovazione il nostro territorio vanta infatti posizioni importanti: dal numero di imprese che si riferiscono a questo settore, all’occupazione nei settori ad alta tecnologia e conoscenza. In un mondo tuttavia sempre più interconnesso e quindi più concorrenziale, soprattutto in un momento di crisi come quello attuale, servono iniziative per favorire la nascita delle idee innovative, per ampliare l’apertura verso nuove tecnologie, per valorizzare gli investimenti in ricerca e nello sviluppo. Una strategia di “fare sistema” che deve coinvolgere anche le istituzioni e in cui si inserisce la ricerca che presentiamo oggi”.

Oltre a Lucarelli e Spada, hanno partecipato all’incontro Aldo Bonomi, Vice Presidente di Confindustria e Carlo Bonomi, Presidente del Terziario Innovativo di Assolombarda.
E’ la prima volta che uno studio si propone di disegnare un quadro complessivo della dinamica strutturale e dell’offerta dell’Information Technology italiana nel contesto dell’economia nazionale e con confronti a livello europeo. Ne emerge una fotografia di luci e ombre, ma con alcune sorprese relative ai punti di forza. Nel confronto europeo, infatti, troviamo l’IT italiano come secondo settore per numero di imprese, dopo il Regno Unito che è il paese europeo più sviluppato nel settore informatico, e prima di Francia e Germania. Confermata la seconda posizione anche nel rapporto fra il numero di addetti al settore IT sulla popolazione totale. “Il confronto internazionale – ha affermato Lucarelli - rivela che l’Italia è uno dei paesi a più elevata intensità di lavoro in Information Technology d’Europa e questo non è un risultato da poco, tanto più per un paese come il nostro dove la crescita della cultura digitale è in serio ritardo, si investe poco in innovazione e ricerca, vi sono forti arretratezze del sistema formativo in campo scientifico e un basso livello di collaborazione fra Università e mondo delle imprese”.

Se il settore IT italiano è oggi costituito, in linea con la tendenza europea, per il 92,4% da attività di software, contro il 3,6% di hardware e 4% di assistenza tecnica, al suo interno emergono fenomeni di assoluto rilievo internazionale. Vi è il nucleo delle 40 medie imprese italiane di produzione di hardware che, con un fatturato di oltre 1.500 milioni di euro (dati 2006), si colloca al primo posto in Europa, superando i 1.300 milioni di euro generati dalle 46 medie imprese inglesi e lasciandosi molto dietro gli altri paesi. Vi sono le 640 medie e grandi imprese italiane di produzione software e servizi, dove si concentra quasi il 70% degli addetti al settore, che con un fatturato di poco superiore ai 19 miliardi euro, si collocano al quarto posto dopo UK, Germania e Francia. Vi sono i due grandi poli di produzione e sviluppo dell’IT Milano e Lombardia, Roma e Lazio, che presentano livelli di attività allineati agli standard dimensionali d’impresa europei. In queste due regioni si concentrano il 38,5% delle imprese e il 42% degli addetti al settore sul totale nazionale. In particolare la Lombardia con 11,2 miliardi di euro di fatturato si colloca al primo posto fra le regioni italiane, coprendo il 27% del fatturato IT nazionale. Il Lazio con 6,95 miliardi di euro è al secondo posto e si attesta a quota 16,4% sul dato nazionale. E’ Roma, tuttavia, che presenta insediamenti produttivi mediamente più grandi rispetto al dato nazionale, con una media di 5,9 addetti per imprese, in linea, quindi, con la media europea (UE a 15) che è di 6 addetti per impresa; mentre Milano scende a 5,1 addetti per impresa, un dato comunque più elevato della media nazionale del settore che è di 4 addetti per impresa.

Quanto ai punti di criticità del settore emersi dallo studio, Lucarelli ha indicato l’estrema frammentazione che, in linea con la tipicità della struttura produttiva nazionale, vede l’IT composto per il 94% da piccole imprese, dimensione limitativa dello sviluppo per un settore così esposto alla globalizzazione e sottoposto alla pressione costante del rapido cambiamento tecnologico. Lo confermano il basso margine operativo lordo, che necessariamente comporta una capacità ridotta da parte delle imprese IT italiane a investire in innovazione, che ci colloca ben al di sotto di Germania, del Regno Unito, della media UE 15 e dell’UE 27; la scarsa internazionalizzazione del settore e il deficit della sua bilancia commerciale che, sebbene esprima dal 2005 una tendenza a calare di circa il 18%, nel 2008 continua a registrare un saldo negativo pari a circa 5,1 miliardi di euro.

“Sostenere l’IT, per superare le debolezze di sistema che lo investono e valorizzare i suoi punti di forza, rappresenta un passaggio strategico per la modernizzazione e il rilancio del Paese- ha concluso Ennio Lucarelli - si tratta di creare nuove condizioni quadro nel campo del credito, al fine di rendere disponibili forme di venture capital per finanziare le buone idee delle imprese IT; nel campo della cooperazione con l’Università, condizionando parte delle risorse per la ricerca a progetti di sviluppo di nuove tecnologie e applicazioni realizzati in collaborazione con le Pmi dell’informatica e in una triangolazione con quelle del Made in Italy; nel campo del sostegno all’innovazione da parte dello Stato varando una politica di incentivi; nel campo del copyright, dei brevetti e della proprietà intellettuale attraverso un sistema efficace di tutela delle idee e delle innovazioni prodotte dalle nostre Pmi”.

Il 1° Rapporto sul settore IT in dettaglio.

Lo studio è complementare al Rapporto Assinform, che da oltre 40 anni offre la visione dei trend della domanda e degli sviluppi tecnologici e applicativi del’ICT.
Si tratta della prima edizione, sperimentale, di un contributo originale e volto ad analizzare e illustrare l’evoluzione del settore dal lato dell’offerta, e cioè delle imprese che sviluppano, producono e commercializzano sistemi, soluzioni e servizi di informatica.
Più in particolare, lo studio, condotto in collaborazione con Camera di Commercio di Milano, ESeC e NetConsulting, è imperniato su:
- un’analisi strutturale del settore IT nel contesto dell’economia italiana (numero di imprese, fatturato, forma giuridica, addetti, localizzazione, ecc.) con confronti a livello europeo e approfondimenti su alcune regioni guida (Emilia-Romagna, Lazio e Lombardia);

- un’analisi delle imprese del comparto del software e dei servizi IT in termini di tipologia d’offerta e di approccio al mercato, condotte con rilevazione campionaria diretta.
Le elaborazioni effettuate su dati di fonte Istat, Eurostat e altre ufficiali hanno indicato che in Italia il settore dell’informatica (IT, Information technology) :
- conta circa 97.000 imprese (2,4% delle aziende italiane) e 390.000 addetti (2,5% circa degli occupati in Italia), e ha espresso nel 2008 il 2,8% del PIL, con una produttività del 13% superiore alla media nazionale, e una remunerazione del capitale umano per unità di prodotto seconda solo a quella riscontrata nel settore della Ricerca e Sviluppo (26% contro 33%);

- è cresciuto tra il 2006 e il 2008 in maniera costante per numero di imprese (+2,1% nel 2008; +2,2% del 2007). E che a livello geografico l’ IT italiano è il secondo in Europa per numerosità di imprese (dietro al Regno Unito) e il terzo per occupati (dietro a Regno Unito e Germania), con una forte concentrazione delle realtà produttive nel Nord-Ovest (oltre 36400 imprese), e in particolare in Lombardia (25239), con valori superiori all’intera popolazione di imprese IT del Centro Italia (22826) e del Nordest (21737).

- è cresciuto nel 2008 per numero di occupati, aumentato dello 0,8% rispetto all’anno prima (+1,1%) – che tendono a concentrarsi nel comparto del software e dei servizi (92,4%), segue quello dell’assistenza tecnica (4%) e dell’hardware (3,6%). Infatti le imprese IT continuano a occuparsi nel 91,9% dei casi in primis di software e servizi, contro il 6,2% che punta sull’assistenza tecnica e l’1,8% sulla produzione di hardware (erano il 2% nel 2006).

- è caratterizzato anch’esso dalla PMI. Ben il 94% delle imprese (secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili, al 2006) contano non più di 9 addetti, anche se 3 dipendenti su 4 risultano impiegati nelle realtà più grandi (con 10 addetti e più);
- vede, per la forma giuridica, il prevalere relativo delle società di capitali (32,2% secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili, al 2006), con il 92% dei dipendenti impiegato in realtà con forma societaria (di capitali e di persone). In forte crescita è comunque l’esercizio della libera professione (5,1% degli addetti), anche per via della rigidità del mercato del lavoro.

Le rilevazioni dirette effettuate su un campione di circa 1000 imprese del software e dei servizi IT ha poi indicato che:
- il 60% degli addetti è impegnato in attività di sviluppo applicativo, consulenza e system integration. Segue poi l’area amministrativa (20%), commerciale e marketing (9%), dell’ assistenza tecnica (6%), della formazione (2%) e altre attività (il residuo 3%);

- la propensione alle attività di Ricerca e Sviluppo (R&D) è propria solo delle grandi aziende. Solo il 4,1% delle imprese dispone infatti di un proprio centro di Ricerca & Sviluppo, con la Lombardia (22,2%) a guidare la classifica regionale, davanti a Emilia-Romagna (18,6%), Campania (12,3%) e Puglia (10%).

- il 7,6% delle imprese IT comunque collabora con le Università condividendo progetti, o anche solo siglando accordi di inserimento in stage degli studenti. A livello regionale, mostrano una connessione più forte con l’Università le imprese toscane (17,9% del totale delle collaborazioni), seguite dalle imprese lombarde (12,5%) ed emiliano-romagnole (12,5%);

- le imprese presentano un’offerta molto diversificata, avendo a catalogo soluzioni software (59% dei casi), hardware (52,5%), di servizi (46,5%) e manutenzione e assistenza tecnica (26,2%). Chi fa software si concentra (97% dei casi) sulle applicazioni, e in particolare su quelle per specifici settori d’utenza (46,6% ) e per l’ERP (22,9%), il CRM (14,5%) e la Business Intelligence (13,6%).

L’offerta di middleware interessa una quota contenuta di imprese (14,6%), ed è principalmente focalizzata su sicurezza e database. Chi offre servizi dà quasi sempre consulenza (84,2% dei casi), seguono System Integration (39,7%), sviluppo applicativo personalizzato (36,4%) e ’outsourcing (23,9%). Solo il 3,6% delle aziende IT che forniscono servizi offre invece soluzioni di BPO (Business Process Outsourcing);

- la maggior parte delle imprese crede a un’offerta improntata alla qualità (61,8%). Altri parametri come la completezza della linea d’offerta (37,4%), l’attenzione al servizio di assistenza (29,9%) o la concorrenza di prezzo (25,1%) riscontrano invece minor successo. La Ricerca e Sviluppo come driver di mercato è indicata solo dal 2,5% delle aziende;

- si punta soprattutto al mercato business (95,7% dei casi) con un forte orientamento al territorio. Più di un’azienda su due (55,8%) si limita infatti a presidiare il mercato della regione di appartenenza, mentre solo il 15% è presente in un territorio più ampio, con una presenza estesa ad almeno 4 regioni;

- La vendita diretta è il principale canale di approccio alla clientela business, con valori percentuali che vanno dall’85% delle grandi aziende (con più di 500 addetti) al 91,3% delle piccole imprese (fino a 49 addetti). Più adottata al crescere delle dimensioni d’impresa la vendita attraverso un partner di canale (dal 28,1% delle grandi aziende all’11,2% delle più piccole), mentre è poco rilevante il ricorso a distributori retail, che coinvolge comunque di più le aziende più piccole (5,6% contro il 2,8%delle più grandi).

Fonte: Assinform - Camera di Commercio di Milano
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